°
Il
primo ambito d'impiego dello strumento statistico, il più semplice e
basilare, è quello di dare all'osservazione di elementi di un insieme ben
individuato una sistematicità tale da renderlo poi sintetizzabile in
rappresentazioni efficaci ed utili; ovviamente, focalizzando l'attenzione
su una o più caratteristiche comuni a tutti gli elementi.
Avendo, per esempio, a che fare con un gruppo di persone, si vorranno
considerare caratteristiche (dette anche caratteri), quali
il colore dei capelli, il grado d'intelligenza, la temperatura corporea,
il peso o altre ancora, con l'intendimento di giungere ad una descrizione
del gruppo, che semplifichi, distorcendola il meno possibile, la
comunicazione con altri osservatori interessati allo stesso tipo di
osservazione. Il primo problema per l'osservatore sarà quindi quello di
identificare la o le caratteristiche d'interesse, valutandone in ogni
soggetto la presenza ed eventualmente l'entità. Il primo problema è
cioè quello della misura. °
“Misurare
significa attribuire taluni numeri alle cose, attribuendoli secondo regole
esplicite e convenzionali” (Stevens, 1951), meglio ancora “misurare
una grandezza significa esprimere quante volte una certa ‘unità di
misura prestabilita’ è contenuta nella grandezza da valutare”
[Siegel-Castellan]. Purtroppo le ambiguità e le discordie tra osservatori
nascono nel campo della definizione di un concetto di unità di misura valido per tutte le caratteristiche degli oggetti.
Infatti, accanto a casi in cui il confronto tra oggetti della stessa
specie consente di pervenire a una esatta quantificazione delle
‘differenze’ tra loro (es.: peso), ci sono casi in cui ci si deve
limitare a una semplice rilevazione dell’esistenza di tali differenze
accettando non di rado ambiguità di classificazione (es.: tipo di colore
dei capelli). °
In sostanza si può dire che, se per insieme si intende un aggregato di oggetti di natura qualsiasi,
concreti o astratti (detti elementi
dell’insieme), nell’ambito delle misurazioni la questione cruciale è
quella delle relazioni che si
vengono a stabilire tra un insieme di osservazioni (insieme empirico) e un
insieme numerico. La scala di misura, sostanza di tali relazioni reciproche, deve
tener conto della diversità delle relazioni ‘interne’ fra gli
elementi di ciascuno dei due insiemi: da ciò l’esistenza di differenti
scale di ‘misura’, per ciascuna delle quali le relazioni tra i numeri,
che rappresentano osservazioni diverse, sono diverse. Ciò significa che, data
una caratteristica degli oggetti in esame, il ‘valore’ di essa (e
quindi la corrispondente scala di misura, e quindi il tipo di operazioni
ed elaborazioni possibili) dipenderà dalla sua natura, che può andare
dal qualitativo puro (nel qual caso la misura consiste nella dichiarazione
della natura del carattere in ogni oggetto) all’esattamente
quantizzabile passando per l’ordinabile (il valore riguarda la quantità/livello
della caratteristica, rilevabile in modo più o meno approssimato): sarà
sempre possibile esprimere tale valore con un numero purché si sia
consapevoli che, per esempio, nel caso di caratteri qualitativi i numeri
hanno un semplice senso identificativo. °
Riprendiamo
l'esempio sopra citato. Di ciascun soggetto del gruppo di persone in
osservazione
viene rilevato il peso: la scala è quantitativa indicando in ciascun
soggetto l'entità del carattere 'peso'. ° Non va dimenticato che, nel parlare di effettuazione di misure, è ormai dato per scontato che ad esse si associa sempre una certa ‘quantità’ di errore. Tralasciando gli errori grossolani, che si verificano per cause impreviste di una certa entità su una singola misura e che, se identificati, impongono di scartare la misura che ne è affetta, gli errori che affliggono serie di misure ripetute sono gli errori casuali (random), ineliminabili, che, producendo scarti in più o in meno, in genere di piccola entità, e rendendo di conseguenza le misure ‘imprecise’, sono la causa prima della variabilità o dispersione dei risultati, e gli errori sistematici, che determinano scarti in blocco o ‘derive’ di una serie di dati, producendo invece ‘inaccuratezza’. °
Misurare
è cosa diversa dal contare: il risultato di una misura, intesa nel senso
di cui sopra, è il valore
assunto dalla caratteristica (carattere)
'misurata' in ogni oggetto (unità
statistica); il risultato di un conteggio è invece la numerosità (frequenza)
degli oggetti dotati di un certo ‘valore’ della caratteristica. In
termini statistici, dato un insieme (popolazione
oppure campione) di unità
aventi un certo carattere, si osserverà che quest’ultimo, in ogni unità,
assume un certo modo di essere (modalità
del carattere), definibile, sotto il profilo della misura, in termini
quali-quantitativi: ad esso carattere si fa quindi corrispondere una entità
matematico-statistica, rappresentabile simbolicamente, detta variabile
(mutabile se riferita a carattere qualitativo), il cui ‘valore’,
per l’appunto, varia/muta in ogni unità. Contando tutte le unità
portatrici di ogni singola modalità e inserendole quindi in classi
di appartenenza opportunamente individuate (classificazione per modalità
singole o accorpate) si perviene all’individuazione di una distribuzione di frequenze, che costituisce così la
rappresentazione unitaria generale dell’insieme statistico, analizzato
secondo uno o più caratteri; tale rappresentazione, uni- o multi-variata,
è in genere bene esprimibile in forma tabellare (tabulazioni
di frequenza con uno o più criteri di classificazione) e grafica (rappresentazioni
grafiche uni- o multidimensionali).
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